Palazzo Marliani Cicogna
Piazza Vittorio Emanuele II – Busto Arsizio (Va)
Apertura: martedì, mercoledì e giovedì dalle 14.30 alle 18 – venerdì dalle 9.30 alle 13 e dalle 14.30 alle 18 – sabato dalle 14.30 alle 18.30 – domenica dalle 15 alle 18 – Lunedi chiuso
Domenica 16 marzo, giornata inaugurale, apertura dalle ore 18 alle 21 ca.
Chiuso domenica 20 aprile 2025 (Pasqua)
Ingresso libero
PORTRAITS
A cura di Barbara Silbe
In collaborazione con il Museo Diocesano Carlo Maria Martini – Milano
Un gioco di specchi, di sguardi, di anime che si toccano. È questo il senso più intimo racchiuso nel sorprendente lavoro di Lee Jeffries, proteso verso il prossimo che incontra per strada al solo scopo di farcelo conoscere. I suoi ritratti ai senzatetto del mondo, iniziati nel 2008 dopo un episodio che lo cambiò per sempre, sono un susseguirsi di volti fieri, talvolta irriverenti, dalle espressioni composte per sostenere il milione di universi che questi individui hanno attraversato. I soggetti emergono dal buio profondo, inondati da una luce caravaggesca che restituisce ogni segno sulla loro pelle, ogni dolore incarnito proprio sotto. Tanti, nelle sue opere, sono i rimandi alla pittura antica: Tiziano, Rembrandt, il Merisi sembrano aver guidato una ricerca fatta di inquadrature ravvicinate e pennellate forti. Un linguaggio di contrasti, non nuovo nella fotografia, intriso però di un paio di ingredienti che sono la sua cifra autografa: la vicinanza con i soggetti e la compassione per loro. I tagli che l’autore sceglie immediatamente spiegano quale sia l’approccio solitario con il quale si presenta agli esseri umani. Nulla di superficiale, di rubato restando a distanza come è consuetudine nella street photography figlia di un tempo – quello dei social network – che corre veloce, ma lo studio di un’interazione volta a stabilire fiducia negli emarginati, prevedendo con pazienza quell’istante eterno che trasforma tutto in una faccenda estremamente personale. Luci e ombre comunicano speranza e sconforto: da un lato il senso del Paradiso, di Dio ritrovato sulla faccia degli altri, dall’altro l’inferno, il loro, il suo, il nostro. l filo che guida l’intera narrazione e che trabocca di numerosi riferimenti religiosi cristiani, è, appunto, lo sguardo. Atteso e fermato come quel punto di contatto che Michelangelo Buonarroti bramava nella “Creazione di Adamo”, come se il suo cinquecentesco Giudizio Universale si fosse materializzato sui nostri marciapiedi per ricondurci nuovamente al vero senso dell’umanità.
Nato nel 1971 e contabile di professione, Lee Jeffries ha iniziato a fotografare coprendo eventi sportivi. Un incontro casuale con una senzatetto a Londra ha cambiato tutto per sempre. Il suo portfolio ora rappresenta un viaggio personale attraverso alcune delle strade più difficili del mondo. Documenta la solitudine, l’ingiustizia, la fede, la generosità e la speranza. Il suo scopo è restituire una dignità ai senzatetto – qualcosa con uno stile cinematografico che serva a definire l’intera comunità pur riconoscendo l’individuo. Ha prodotto una serie di immagini che ritraggono persone comuni, provenienti da percorsi di vita diversi, che hanno qualcosa in comune. Sono i suoi homeless. L’onestà con cui queste persone hanno messo a nudo le loro anime è una testimonianza della loro umanità.