Sala Veratti

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Sala Veratti

3 aprile - 1 maggio 2022

Sala Veratti – 3 aprile – 1 maggio 2022

Via Carlo Giuseppe Veratti – Varese

Orari visita: dal martedì al sabato e domenica 15.00/19.00

Ingresso libero

VARESE. IL BIANCO, IL NERO E IL COLORE

Fotografie di: Claudio Argentiero, Roberto Bosio, Franco Pontiggia

Cos’è una città se non un reticolo di vie e di pensieri, di piazze scosse dallo scalpiccio frettoloso del mattino e dalle auto in frenata, di marciapiedi nuovi o sbrecciati, di pareti mute o svegliate dalle voci e cullato dai ricordi? Varese è questo e qualcosa di più.
E’ un incrocio di vite e di arterie, di umanità e di pietre, di cuori e di cemento, di vetro e neuroni, asfalto e talenti, culle e cimiteri, boschi e rimpianti, monti e panorami sfacciati. E’ un organismo che si muove e che respira, dorme, mangia, compra, vende.
Talvolta sembra crescere, altre volte stendersi e riposare, per riprendere fiato e ripartire. E’ il fruttivendolo di una volta, quello che sorride di fronte alla sua merce.
E’ lo scrittore con il capo chino sui fogli battuti a macchina. E’ il tramonto sul lago, l’alba sulla basilica, i pendolari in sala d’attesa: metafora pirandelliana dell’eterno passaggio, dell’incedere di una Storia che lascia indietro tutti, senza dimenticare nessuno.
Perché c’è (e ci sarà sempre più) un’immagine, uno scatto, un viso, una mano sollevata in quel modo, in quel momento; un taglio di luce che solca l’elegante stanza dell’antica dimora, l’imponente lampadario guardato a vista dai poeti; l’augusta scalinata che ha raccolto l’incedere dei grandi.

Varese, a seconda di chi la osserva e di chi la immortala, è un po’ paradiso terrestre e un po’ cittadina di provincia, un po’ punto di arrivo e un po’ capitale decaduta di idee e capitali, di pionieri e capitani.

È un ombelico accarezzato, un fiore da campo, un tuffo nel lago dell’eterna speranza, della futura nuotata, dell’auspicabile rinascita. Ma è anche l’orgoglio dello sguardo, che ti fissa e che ti cerca, ti indaga e ti interpella. Sfacciato, curioso, intraprendente.

È la fatica del fare, l’energia della sfida, la ricchezza del sacrificio.

È un bimbo capriccioso e viziato ed è un vecchio con le guance scavate dalla delusione.

È la piazza vuota, ammaccata dalla pioggia ed è l’elegante corteo al seguito di chi conta.

È la colonna che custodisce i messaggi amorosi di chi c’era e non c’è più ed è la nevicata che attutisce, silenzia e dipinge. E’ la passeggiata, il sorso di caffè, la risata nell’angolo.
E’ il bagaglio di umanità nella cassapanca di Franco; la fame di spazio e di cielo che anima Claudio; la materia vitale, espressiva, imponente di Roberto. È la città che non c’è più e quella che non c’è ancora. È lei. Sono loro. Siamo noi.  Matteo Inzaghi

 

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